In caso di una recrudescenza dell’epidemia la prima misura che potrebbe essere prorogata è quella dell’obbligo di mascherina al chiuso che cade il 1 maggio
Per ora la roadmap del Governo verso la normalità non si tocca: dal 1 aprile addio al green pass all’aperto e dopo un mese via al certificato al chiuso ovunque come le mascherine che non sarà più necessario indossare. Ma almeno sull’obbligo di mascherina al chiuso, nel caso in cui il virus rialzasse la testa (le prime avvisaglie già ci sono) aumentando la pressione sugli ospedali, potrebbe esserci una retromarcia. Del resto la mascherina è una barriera efficace contro il contagio e l’Italia non sarebbe neanche il primo Paese a fare dietrofront: l’Austria proprio in questi giorni ha reintrodotto l’obbligo al chiuso.
A far capire tra le righe che nulla è definitivo e che si sta andando verso una fase di normalità “condizionata” sempre dal virus che ancora circola in modo intenso è stato lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza nel giorno del varo del decreto riaperture: «Noi manteniamo l’obbligo al chiuso fino al 30 aprile, poi ovviamente il governo avrà modo di verificare l’andamento epidemiologico e valutare quali eventuali altre scelte siano necessarie».
Una necessità di restare vigili che viene confermata anche dal presidente dell’Iss e portavoce del Cts, il Comitato tecnico scientifico che sarà sciolto a fine mese Silvio Brusaferro in una intervista a Repubblica: «Il percorso di rilascio è fatto con cautela e progressività. Non è che si riapre e basta, è importante anche continuare a monitorare l’andamento dell’epidemia, per vedere come evolve. Perché la rimodulazione delle misure deve tener conto degli andamenti».