Nelle sale arriva il nuovo lungometraggio di Jafar Panahi, ma anche l’atteso “Everything Everywhere All at Once” Un atto politico sul valore della libertà: si può riassumere così il potentissimo “Gli orsi non esistono”, nuovo film di Jafar Panahi che ha ottenuto un meritato Premio Speciale della Giuria all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Una pellicola che acquista ancor più valore considerata la situazione che sta vivendo lo stesso autore: il grande regista iraniano è stato arrestato lo scorso luglio dal governo del suo paese per scontare la condanna a sei anni di reclusione inflittagli nel 2010, perché accusato di lavorare a film anti-regime.
Nello stesso anno a Panahi era stato inoltre vietato di realizzare nuovi film, di viaggiare e di rilasciare interviste sia in Iran che all’estero, per vent’anni, con l’accusa di “propaganda contro il regime”: da quel momento l’autore ha girato in clandestinità, firmando lungometraggi importanti come “This Is Not a Film” del 2011 o “Taxi Teheran” del 2015, con cui ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino.Con queste pellicole Panahi è sempre riuscito a far sentire la sua voce e non fa eccezione questa sua nuova opera, in cui sposta l’attenzione dalle contraddizioni e ingiustizie della città di Teheran a quelle dell’Iran rurale.
Come nei suoi lavori precedenti, il regista è anche il principale interprete dei suoi film, capaci di combinare con equilibrio realtà e finzione: ne “Gli orsi non esistono” Panahi si trova in un villaggio al confine con la Turchia, mentre da remoto segue la lavorazione di una pellicola che la sua troupe sta girando nella capitale.